La Peste suina africana può essere trasmessa dai cinghiali ai suini domestici mediante mosche e zanzare?

Nelle attuali condizioni in Europa, la PSA (Peste Suina Africana) si trasmette da suino a suino – oltre che tramite carni infette o rifiuti di cucina – tramite contagio diretto (da animale ammalato ad animale sano) o indiretto (ad esempio, cioè, contagio mediato dall’uomo con scarpe od abiti contaminati).  Attualmente è in corso un’ondata epidemica nei cinghiali in alcune zone della Pianura Padana, un territorio in cui mosche e zanzare sono largamente diffuse nei mesi estivi. Considerata questa situazione, c’è chi teme che questi insetti possano trasmettere la malattia, agendo da “vettori meccanici” del virus. Se venissero in contatto con un cinghiale ammalato o con una carcassa di cinghiale morto a causa della PSA, potrebbero avere la capacità di trasportare “passivamente” il virus; e così, spinte dal vento,  introdurlo in aziende di suini domestici anche a chilometri di distanza. 

Abbiamo chiesto al nostro esperto di PSA, Alberto Laddomada, veterinario che ha lavorato per molti anni per la sanità pubblica in Sardegna ed a livello europeo, cosa ne pensi in proposito. Ecco le sue risposte: 

“Non esistono prove definitive che dimostrino, al di là di ogni ragionevole dubbio, che gli insetti possano giocare un ruolo importante nella epidemia di PSA in corso nel nord-ovest italiano; ed in particolare che il virus possa essere tramesso a distanza – tramite insetti – da suini (domestici o selvatici) ammalati o morti a causa della malattia. Si teme, tuttavia, che questi insetti possano agire da “vettori meccanici”: in questi insetti il virus non causa infezione e non si riproduce, ma se si alimentano su suini o cinghiali infetti o si contaminano a partire da una carcassa od altri materiali infetti (ad esempio le feci), potrebbero poi trasmettere “meccanicamente” la malattia ad altri animali, a seguito del loro contatto od ingestione. Esistono, infatti, una serie di indizi, prove sperimentali e studi di campo che suggeriscono che questa possibile via di trasmissione della malattia non possa e non debba essere esclusa o trascurata nella attuale situazione italiana, specie se si considera che la PSA è diventata endemica nei territori limitrofi a fiumi importanti come il Ticino ed il Po, dove tra pochi mesi, come ogni estate, le popolazioni di diverse specie di insetti “esploderanno” di numero.

Quali sono questi indizi?

Il virus della PSA è un virus molto resistente nell’ambiente, in particolare al freddo; e a questa sua resistenza è correlato il picco epidemico che in Italia stiamo osservando costantemente in inverno e primavera nei cinghiali ed ancora in corso in questo mese di aprile 2024. Ma poi, nei mesi estivi, il numero dei cinghiali infetti diminuisce: con l’aumento delle temperature, il virus rimane “vitale” nell’ambiente per periodi tempo più brevi, e conseguentemente il contagio (diretto o indiretto) è meno probabile ed il numero dei cinghiali infetti scende. È un dato osservato chiaramente sia nel 2022 che nel 2023 nel nord ovest-italiano e con ogni probabilità questo declino si verificherà anche nel 2024. Tuttavia, sorprendentemente, a fronte di un declino estivo nei cinghiali, è ormai da numerosi anni che nei suini domestici in molti paesi europei si verifica un fenomeno opposto: i focolai di malattia negli allevamenti aumentano in modo molto evidente nei mesi estivi. E la causa di questo picco estivo non è chiara, nonostante numerosi ricercatori e l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con sede a Parma, stiano conducendo studi in proposito. Anche in Italia, l’anno scorso, i focolai di PSA più numerosi e più gravi si sono verificati in agosto ed in settembre, in Provincia di Pavia, guarda caso in una zona caratterizzata dalla presenza di risaie e di numerosissimi insetti. In linea generale, quasi tutte le malattie virali che si trasmettono prevalentemente in estate o inizio autunno sono causate da insetti vettori. Un esempio di queste “malattie da insetti vettori”, è la West Nile Fever, che oltre a numerose specie di uccelli colpisce anche alcune specie di mammiferi tra cui l’uomo ed è trasmessa da zanzare, più frequentemente del genere Culex. Ed un’area a massimo rischio di West Nile Fever in Europa è proprio la Pianura Padana. Sospettare che insetti come mosche e zanzare possano trasmettere la PSA, in particolare in zone umide, deriva innanzitutto da questo genere di conoscenze.

E le prove sperimentali?

Esistono prove sperimentali inequivocabili che dimostrano che alcuni insetti possono essere veicolo della PSA e trasmettere il virus da un suino all’altro, almeno in condizioni di laboratorio. I primi studi in proposito sono stati effettuati oltre trent’anni fa, ma non provano che mosche e zanzare possano giocare un ruolo nella PSA in “condizioni di campo”, che sono ovviamente quelle che interessano veramente, in quanto indispensabili per mettere eventualmente a punto le più appropriate misure di prevenzione e controllo della malattia.

Relativamente agli studi epidemiologici “sul campo”, a che punto siamo?

Sono disponibili ormai numerosi studi epidemiologici effettuati per lo più in Lituania e Romania, che depongono a favore della possibile trasmissione del virus PSA in allevamenti suinicoli tramite insetti “vettori meccanici”, anche in aziende di tipo commerciale di grandi dimensioni. L’EFSA ha prodotto numerosi documenti in proposito. Ma non sono studi risolutivi, in particolare non dicono in che misura il picco estivo che ho appena menzionato possa essere causato dagli insetti. 

E allora perché tutte queste preoccupazioni?

Oltre che per i motivi sopra esposti, c’è un’ulteriore novità: solo pochi giorni fa, per essere precisi il 24 Aprile, l’EFSA ha pubblicato uno studio sperimentale sulla “sopravvivenza” del virus in insetti cui era stata data la possibilità di alimentarsi su sangue di suini infetti da PSA. 

E, con una certa sorpresa, i ricercatori hanno osservato una persistenza del virus molto lunga (fino ad una settimana) in insetti (Aedes albopictus, cioè la zanzara tigre, Stomoxys calcitrans, una mosca molto comune, e tafani della famiglia Tabanidae) . Infatti, dopo l’ingestione di sangue infetto, il virus della PSA si è mantenuto “vitale” in questi insetti per circa 5-7 giorni anche se mantenuti in condizioni di temperatura elevate, di 30 gradi, tipiche del periodo estivo. E una settimana sarebbe più che sufficiente per questi insetti per trasportare il virus a distanza, anche in piena estate. Analoga persistenza del virus, invece non si è osservata in altri materiali, come erba, insilato, etc., contaminati con il virus della PSA. Insomma, un’ulteriore evidenza che gli insetti possano essere alla base del picco di focolai estivi negli allevamenti, mentre un’altra ipotesi che era stata formulata, cioè l’introduzione del virus negli allevamenti tramite alcuni alimenti contaminati, non ha trovato analogo supporto scientifico. 

Questo ultimo studio può essere considerato la prova definitiva che il picco estivo di focolai negli allevamenti sia causato dalla trasmissione tramite insetti?

No, per arrivare a questa conclusione bisogna effettuare ulteriori studi sul campo. Ma non vorrei proprio che la Pianura Padana nei prossimi mesi si trasformi in un laboratorio a cielo aperto in cui queste evidenze saranno riscontrate. In presenza di un’ampia e diffusa circolazione virale nei cinghiali, di un’elevata densità di allevamenti suinicoli e di una più che prevedibile “esplosione” di insetti in numeri elevatissimi in un prossimo futuro, ritengo infatti che esistano motivi ed evidenza scientifica più che sufficienti per raccomandare agli allevatori, ed in particolare a quelli i cui allevamenti siano localizzati in prossimità di zone umide (vicino a fiumi, canali, risaie, etc.), di mettere in atto tutte le azioni preventive (installazione di zanzariere e di trappole, uso di insetticidi, etc.) per ridurre questo rischio potenziale. La PSA, lo sappiamo bene, è una malattia devastante, che può arrecare danni gravissimi alla filiera suinicola italiana; e deve essere fatto di tutto e di più per la sua prevenzione. Ed è evidente a tutti che quanto fatto finora non è stato sufficiente o del tutto appropriato per fermare questo terribile virus, che – ahimè – continua a diffondersi pericolosamente. 

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